Alimentazione fine 800 delle classi povere italiane

    I cibi che mangiavano le classi povere nella seconda metà dell’Ottocento erano insufficienti al fabbisogno alimentare energetico: erba selvatica, pane di frumento, polenta di mais e raramente la carne.

    Alimentazione fine 800 delle classi povere italiane
    Alimentazione fine 800 delle classi povere italiane

    L’alimentazione fine 800 delle classi povere italiane era insufficiente al normale bisogno energetico, il menu era piuttosto scarso e poco nutriente. Le nostre nonne contadine dell’800, in alcune aree del paese, preparavano cibi a base di sola erba selvatica e acqua, mentre il pane costituiva una pietanza di vero lusso. Piatti con scarsi valori nutrizionali. Immaginate quindi che tipo di organismi vengano su a forza di erba cotta e senza nessun condimento. In questo articolo esamineremo da vicino l’alimentazione delle classi povere durante il periodo della fine del 800 in Italia.

    Alimentazione nel 1800 delle classi povere italiane

    Durante il periodo della fine del 800 in Italia, le classi povere si trovavano in condizioni di vita difficili sia a livello economico che alimentare. Le persone che vivevano in queste condizioni dovevano spesso ricorrere a dei metodi di sopravvivenza estremi per sopravvivere. In alcuni paesi vicino Caltanissetta, i contadini attutivano i morsi della fame ingoiando minuscoli rami carnosi dei fichi d’india bolliti con la sola acqua. Cosa si mangiava nel 1800 in Italia?

    Recenti ricerche sulle abitudini alimentari presenti nei vari comuni del Regno Italiano, emerge che, anche in tempi normali, non di carestia, le classi popolari povere avevano un’alimentazione assai scarsa, molto spesso inferiore al normale fabbisogno energetico.

    Cibi nelle aree più povere del Paese

    Alimentazione fine 800 delle classi povere italiane

    Questo quadro allucinante veniva riportato dal quotidiano e riguardava situazioni estreme, ossia le aree più povere del Paese e per di più in un momento di crisi; quindi da solo non può essere considerato valido per tutto il territorio italiano e per tutta la seconda metà dell’Ottocento. Le indagini eseguite dai ministeri dell’interno e dell’agricoltura dimostrano che le famiglie povere si nutrivano di un unico alimento (la polenta di mais al Nord e il pane di frumento al Sud) ed erano costrette a escludere quasi totalmente la carne. Questa era infatti un cibo costoso, riservato alle grandi occasioni.

    Ad esempio in Toscana, che pure era una regione abbastanza ricca, grasso e carne di maiale erano talvolta usati come condimento per le zuppe di fagioli e cavoli o di pasta e ceci, ma il manzo bollito era considerato un lusso. Là dove, come nell’Italia settentrionale e nelle Marche, i contadini si nutrivano quasi esclusivamente di polenta di mais, solo raramente accompagnata da fagioli, cipolle o altre verdure bollite.

    La pellagra

    Era molto diffusa la pellagra, una grave malattia dovuta a carenza di vitamina PP, assente nel mais. I malati di pellagra si riconoscevano per le famigerate «3 D»: dermatitediarrea e demenza. Se non curata, portava alla morte. In America a Goldberger, medico di origine ungherese, venne chiesto di scoprire le cause dello sfacelo. La causa della malattia era la dieta e le condizioni di povertà delle popolazioni.

    UNA CURIOSITA’ sulla Pellagra

    “Secondo alcuni è da far risalire alla diffusione di questa terribile malattia la leggenda dei vampiri: i malati di pellagra, infatti non tollerano la luce del sole, sono insonni, soffrono di aggressività, confusione, sbalzi d’umore, fino alla demenza”.


    I piatti principali sulla tavola

    Al Sud l’alimento principale era il pane di frumento, che poteva essere accompagnato, più spesso che al Nord, da ortaggi quali fave, cavolfiori, olive, la cui produzione era maggiore. Vi erano comunque anche nel meridione molte situazioni drammatiche, come nelle campagne pugliesi, dove i contadini, dopo una giornata di lavoro, potevano nutrirsi soltanto di pane inzuppato in acqua bollita e condita con qualche goccia d’olio.

    A confermare la povertà delle abitudini alimentari dei contadini dell’ottocento, possiamo ricordare che in parecchie zone montuose si faceva largo uso di castagne e della loro farina e che, sebbene in misura non molto elevata, in varie parti del paese si utilizzavano ghiande e miglio, alimenti oggi scomparsi sulle nostre tavole.

    L’alimentazione delle classi povere

    Le classi povere nella fine dell’800 avevano un’alimentazione scarsa e povera. La maggior parte della loro dieta era costituita da pane, ceci, fagioli e patate. Il pesce, se disponibile, era una rarità. La carne era un lusso che pochi potevano permettersi. I piatti principali erano generalmente molto semplici, come zuppe di verdure e minestroni. La maggior parte delle persone mangiava una volta al giorno, anche se alcune famiglie erano in grado di mangiare due volte al giorno con una piccola quantità di vino.

    Durante il periodo della fine del 800, i contadini italiani erano spesso costretti a mangiare i prodotti della terra che coltivavano. Le loro tavole erano ricche di ortaggi e verdure e di frutta che gli veniva donata da un vicino o da un amico. I contadini erano anche in grado di allevare animali da cortile come galline, anatre e maiali, che fornivano loro una fonte di carne e uova.

    Alimentazione in città

    Per quanto riguarda gli operai delle città, la loro alimentazione era migliore, perché un pò più variata, ma restava ancora poco equilibrata. Molto abbondante era il consumo di pane di frumento, accompagnato al Nord da polenta di mais e da riso, al Sud dalla pasta: superiore al necessario era quindi l’apporto di amidi, principi nutritivi presenti in questi alimenti.

    La carne compariva nella dieta degli operai, ma in quantità molto modesta: si trattava specialmente di quella ovina oppure delle viscere dei bovini. Modesto era il consumo di latte e formaggi: tuttavia gli operai, sia settentrionali sia meridionali, riuscivano ad assumere con l’alimentazione il necessario quantitativo di proteine, grazie a vegetali come i legumi. Scarsa ovunque era invece l’assunzione dei grassi, sia animali che vegetali.

    Consistente era il consumo di vino: secondo una inchiesta del 1885 l’operaio settentrionale ne beveva poco più di tre litri a settimana e quello meridionale quasi sei.

    L’influenza della religione sulla dieta

    La religione ha avuto un’influenza significativa sulla dieta delle classi povere. La Chiesa cattolica ha stabilito regole su cosa le persone potevano o non potevano mangiare.